Storie di tutte le cose visibili e invisibili



mercoledì 19 novembre 2014

Mi dissocial, ovvero, i blog marchetta non sono più blog. Punto

Ecco perchè sono sparita dal web-mondo.
Ho cominciato da Facebook, cancellando dai miei contatti tutti quelli che scrivono qualcosa che non condivido. 
Alla fine ero rimasta tipo con 10 amici. E probabilmente l'unico motivo per cui sono resistiti è che non scrivono mai niente e non postano foto di gatti nel bidet (tutti i gatti vanno a dormire nel bidet, non è che il vostro sia eccezionale, sappiatelo).
Poi ci sono tornata - su Facebook - perchè al momento pare sia l'unico modo per mettermi in contatto con il falegname che mi sta facendo l'armadio su misura.

Poi ho iniziato ad annoiarmi nella lettura dei blog, e l'ho un po' detto qui.
Vi dico come la penso io: tenere un blog non è un lavoro.
Lo può diventare, a quanto pare, e me ne farò una ragione, ma personalmente i blogger che diventano "influencer" (che orrore ... ma pensateci, è agghiacciante ...) obiettivamente non mi interessano più.
A mio modesto parere, un  blog è divertente finchè - per esempio - una perfetta sconosciuta si fa fotografare davanti all'armadio Ikea della sua cameretta, prima di andare a scuola o in ufficio, e ti viene da pensare "ma guarda che stilosa, ora che ci penso ho una camicia uguale uguale che non metto mai, se la interpreto così e cosà magari riesco a sfruttarla".
Se poi riesce a traformarsi in un brand, a farci un lavoro, a trasferirsi a Los Angeles, tanto di cappello, è puro e meritato talento e c'è tanto lavoro dietro. Ma, personalmente, non mi diverte più.
Perchè se devo guardare una bella ragazza che fa una vita super glamour e per andare al supermercato si veste come se fosse alla Fashioni Week (probabilmente perchè paga qualcuno che le faccia la spesa), indossando dei vestiti che non si è manco pagata, mi compro Vogue e lo sfoglio dal parrucchiere.

Capitolo a parte lo dedicherei alle mamme blogger.
Molte di loro sono diventate note, hanno pubblicato libri e hanno trasformato una passione divertente in lavoro. Alcune (alcune??) agevolate da una posizione vicina al mondo dell'editoria, altre per puro caso. Sì sì certo...
Comunque.

Alcune di loro hanno deciso di ospitare contenuti pubblicitari nel proprio blog.
Spesso si tratta di redazionali nei quali si parla di un determinato prodotto, citando in marchio.
Sono scelte, condivisibili o meno, ciascuno a casa sua pubblica quello che vuole.
Non escludo che, se mi capitasse, magari lo farei anche io.
Ma trovo che, a prescindere da questi post specifici, quando un blog arriva a subire questa trasformazione perda per strada l'intenzione, e quindi si modifichi anche la scrittura, il linguaggio, le storie da raccontare.

Tutta questa premessa perchè stamattina ho letto su Facebook una spinosa autodifesa di una nota blogger, che difende con toni piccati la sua scelta di inserire contenuti pubblicitari nel proprio blog.
Posso capire il tono di stizza, perchè spesso leggo commenti di una crudeltà che rasenta la follia.

La motivazione principale sollevata dalla blogger è che "da svariati anni leggete gratuitamente i contenuti che scrivo".
Allora, sarò sbagliata io, ma un blog raramente ha la profondità di un editoriale di Mario Calabresi.
Fai quello che ti pare e difenditi pure dagli attacchi delle invasate, peccarità, ma francamente mi sembra inopportuno accusare i tuoi follower di usufruire da anni di un servizio gratuito, manco fossi un misto tra Vanity Fair e il sito della USSL.




7 commenti:

  1. Che ne so. Se magari metteva la lettura a pagamento evitava i portoghesi. Ed anche i lettori...
    Ma di che parla sto blog. Della fusione nucleare?

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  2. non so perchè , ma sono daccordo con te anche quando pensavo di non esserlo.
    Forse perchè hai a volte un'intransigenza che ritrovo spesso anche nel mio carattere.
    Detto questo ti devo sgridare, perchè ci lasci senza notizie per tempi interminabili... fatti viva plis!!
    baci
    Giusi

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  3. Ragazza, come al solito io sottoscrivo quel che dici.
    Il punto è che il mondo dei blog è estremamente vario. Puoi aprirne uno per farti pubblicità, per vendere roba, per mettere in mostra le tue abilità culinarie, per mettere in mostra come ti vesti, forse pure per farci soldi. Poi puoi semplicemente raccontarti, sfogarti, coltivare la tua passione per la scrittura.
    Partendo dal presupposto che ognuno fa quel che vuole credo pure che le blogger che "diventano famose" perdano un tantinello il contatto con la realtà.
    Quando una di loro inizia a fare "redazionali" io inizio a seguirla meno o semplicemente quel post non lo leggo. Non mi fa rabbia, mi annoia.
    Fai una scelta, ok. Ma, diavolo, accetta le critiche. Non sei Enzo Biagi e cmq lui, sono certa, le avrebbe accettate in maniera più sportiva di te.

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  4. epperò sticazzi. Non entro nel merito, io i blog li leggo e basta ma perché mi affeziono a chi li scrive anche senza conoscervi (io sono affezionata a te, la princess, la pellona e volevo fare la rockstar gli altri li ho mollati per strada che mi scassarono i cabasisi in dieci letture). Comunque tornando a epperò sticazzi scrivi più spesso che tu magari ti diverti meno ma noi sempre uguale :)
    Un caro saluto, Valeria

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  5. capito qui per caso, girando di blog in blog, sul mio non scrivo da tempo.

    Ma chissà come mai, pur non avendo letto il post in questione, ho capito subito senza il minimo dubbio chi era la blogger chiamata in causa... e si, ormai sul suo blog di suo non c'è più nulla, o quasi... le poche volte che non è sponsorizzata, i quadretti familiari si limitano a una decina di righe... che tristezza.

    A*

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