Storie di tutte le cose visibili e invisibili



martedì 28 maggio 2013

E adesso vi spiego cosa volevo dire ...

... quando ho scritto questo.

Affronto la vita con bisturi da anatomopatologo, mentre non mi farebbe male un po' di leggerezza.

Comunque, spesso leggo e sento confessioni e dichiarazioni di persone che pontificano con occhio ispirato su karma, energie positive, autostime autoindotte, prendere il mano la propria vita, affrontare le proprie paure, cambiare lavoro-fidanzato-casa-tagliadireggiseno, e così via.

Il messaggio, semplificando, è che la pratica costante del "cogli l'attimo" attirerebbe la buona sorte.
La fiducia in se stessi.
Il coraggio di cambiare.
Quando ci ho provato io, ho attirato solo dei grandi calci con rincorsa.

Il sano egoismo.
Sono una tifosa del libero arbitrio e tendenzialmente non sopporto quelli che vivono seduti nella riva del fiume, ad aspettare che la vita scorra e che qualcosa o qualcuno decida per loro.
Ne ho parlato pure io, e di nuovo mi devo autocitare, quindi non sono esente.
http://matrignapartitme.blogspot.it/2012/04/cambiare.html

In questo periodo però, dinnanzi a tutto ciò, sorrido benevola.
E dichiaro la mia rassegnata apaticità.

Pensando che ci è voluto molto più coraggio a decidere di perdere 20 chili quando stavo depressa, piuttosto che perderli quando stavo innamorata e conseguentemente anoressica.
Che trovare se stessi è conseguente la felicità, e non il contrario.

Ma comunque.

Ci sta che un atteggiamento negativo e pessimista possa creare una situazione di stallo autoindotto.

Ma dopo quello che ho passato l'anno scorso, che si è insinuato nella mia anima come un danno irreversibile, e ancora non ho trovato il coraggio di prenderlo e affrontarlo e capire come venirne fuori, ora sono qui per un pubblico elogio alla nullafacenza.

Al tedio.
Alla vita banale.
Fatta di rassicuranti abitudini.
Perchè le montagne russe, anche se sono divertenti, dopo un po' ti viene il vomito.

La forza di cambiare capita perchè qualcosa è cambiato, non perchè siamo diventati improvvisamente impavidi.



lunedì 20 maggio 2013

Proudly Matrigna


Ultimamente ho notato che il Figliastro Minore manifesta particolare interesse nei miei confronti.
Ne ho già parlato qui.
Continua ad ignorarmi per la maggior parte del tempo, soprattutto se in zona c’è suo fratello, ma fa niente. Sono consapevole che a quella età fanno così pure con le madri biologiche.
Sta crescendo, e mi piace quello che sta diventando, quindi sono più contenta che si stia avvicinando adesso, con meno capricci e più complicità.

Il FM gioca a basket (e a cosa sennò? Stiamo parlando di un dodicenne alto quasi quando me, con il 46 di piede), e io non lo avevo mai visto giocare, perché gli eventi mondano/religiosi/sportivi sono preclusi alle matrigne bionde.

Lo scorso week end c’era un torneo amichevole, e pare che la biologica fosse in vacanza.
Sabato ci sono state le partite eliminatorie, ma io ho raggiunto lui e suo padre solo per cena.
Il sorriso con cui mi ha accolto in pizzeria valeva da solo il fatto di essersi tolta il pigiama per uscire sotto la pioggia.

“Ma domani … ci sei anche tu alla finale?”.
Le lusinghe buttate lì con piglio da uomo che non deve chiedere mai mi hanno sempre stordita al primo colpo.
Ci vuol niente, a tirarmi dentro, uomini, sapevatelo.
E va da se che il programma per la mia domenica fosse deciso irrimediabilmente.

Dunque, io non ci capisco molto di basket.
E trovo deplorevole e privo di classe lo sbattimento genitoriale nei confronti delle attività sportive dei minorenni, soprattutto quando (sempre) impongono l'immediata cessazione di una vita propria per diventare autisti/allenatori/manager/supporter senza soluzione di continuità in tutte le già scarse e scadenti ore libere dal lavoro.

E quello che mi manda al manicomio è che i genitori succitati sono contenti. Contentissimi. Di immolarsi alla causa di palestre puzzolenti, ragazzini sudaticci e ipercinetici, pesche di beneficienza, torte al cioccolato e crostate, valanghe di lavatrici e le famigerate pizzate. Dio che ansia le pizzate...
Sono proprio contentissimi, quelli.
Vabbè.
Se non ho figliato, ci sarà un perché.

Comunque, ieri per un paio d’ore sono diventata una di quelle mamme lì.
Che mi davano fastidio le trombette, e i figlioletti altrui che mi ostruivano la vista mentre scorrazzavano avanti e indietro.
Mi dovevo concentrare nella partita.

A tifare, urlare, battere le mani, sudare, e guardare incredula questo ragazzo biondo molto carino (i geni del padre, I suppose :) che fino a ieri era un bambino un po’ goffo e cicciotto.
Che gioca bene. Cioè, come un adulto.

Il mio ragazzo ha vinto.
Non me ne frega niente, ieri era il MIO ragazzo.
E lui ha vinto.
Tzè.

venerdì 10 maggio 2013

E' facile essere felici quando si è felici


immagine estratta dalla websfera

E non ho altro da dire su questa faccenda.

lunedì 6 maggio 2013

Just breathe

Uno dei miei pusher musicali ha tentato per anni di educarmi ai Pearl Jam, senza successo.
Il mio mancato gradimento per quel gruppo (nonchè una mia certa propensione alle attenzioni ossessive nei suoi riguardi) - a mio avviso - è stato uno dei motivi per i quali una bellissima amicizia non si è mai trasformata in niente di più profondo.
Una fortuna per entrambi, con il senno di poi.

Comunque, il poveretto - ancora amico mio, peraltro - ha tentato invano di introdurmi alla musica dei suoi beniamini tentando varie strade: infilandomi qualche canzone a tradimento nell'I-Pod, lavorando a dei CD propedeutici con selezione dosata che avrebbero dovuto garantirmi fidelizzazione assoluta.
Ma niente.
Non sono riuscita a farmeli piacere.

Poi, a distanza di anni.

Succede che un sabato pomeriggio di quel sole e quel caldo che aspetto da un anno intero, e sono dal parrucchiere invece che al mare, prendo i miei boccoli fresci di balayage, pantaloncini e amatissime Asics, e me ne vado a correre nel mio posto magico.

Musica nelle orecchie, e si parte, consapevole che la piega andrà a farsi benedire.

Poi succede che dopo i miei 45 minuti di sudore mi fermo a respirare davanti ad un prato verde.
Sono le 18:30 e il cielo è perfetto, il sole è perfetto, la fatica mi fa sentire parte di quel prato, quel cielo, e il venticello che mi asciuga il sudore sulla nuca.

Ed è amore.
Innamoramento di quelli miei, ossessivi.
Il treno che parte in discesa.
Per una volta senza nessuno che possa frenarmi.
E da quel momento in poi sarà solo quello, in loop, per due giorni.

Nelle orecchie, questa: