Storie di tutte le cose visibili e invisibili



lunedì 29 aprile 2013

La mamma dei cretini

Sono lì che preparo il pranzo domenicale (scaldare nel microonde i cannelloni della rosticceria impone un certo grado di preparazione) e guardo il TG.
Tralascio i commenti sull'eventualità di mostrare certe immagini perchè ho la mia opinione in proposito.
Ci sono madri, figli, mogli, fratelli, amici, che guardano il TG.
A volte certi primi piani non servono a niente.

Comunque.

Intervistano un giornalista ancora giustamente alterato dalla paura, dall'incredulità, che racconta di quel momento di sole, della gente, degli spari, delle grida.

Ma di tutto quello che è successo ieri, io mi ricordo un'unica cosa, che non riesco a togliermi dalla testa.

Dietro il giovane giornalista, un coglionazzo che ride al telefono facendo le faccine alla telecamera.
Probabilmente sta parlando con la mamma, la fidanzata, l'amico, il fratello, tutti della stessa Famiglia Coglionazzi, e gli sta dicendo qualcosa del tipo "aò, sintonizzate su raiuno che me stannò ad inquadrà, chiama pure nonna, che robbba  !!!".

Penso a quel coglionazzo.
E soprattutto ai coglionazzi che gli danno retta al telefono.

La crisi, il governo, la disperazione, le separazioni, psicopatico sì psicopatico no.
Io riesco a pensare solo a quel coglionazzo.
Pensieri molto cattivi.
Molto.
Cattivi.


martedì 23 aprile 2013

di indirizzi sbagliati, ossessioni ortografiche e tecnologia

Buongiorno,
io sono quella che il Professore di Lettere in terza media disse a mia madre: "Signora, dalla prima elementare questa ragazzina non ha mai fatto un errore di grammatica in Italiano. Ha letto tutti i libri della biblioteca almeno due volte. Se non la iscrivete al Liceo Classico siete pazzi."
E infatti ho il Diploma Turistico, avrei dovuto sospettare una demenza familiare già all'epoca, ora che ci penso.

Comunque, dopo più di un anno (UN ANNO) di blog, mi sono accorta ieri (IERI) che l'indirizzo del mio blog sembra un codice fiscale per un errore di battitura.
matrignapartitme
Chevvvordì ???
Sarà per questo che ho solo 23 followers ??
Perchè non mi trovano ???
(SOLO 23, ma fichissime, le migliori di tutte ... tzè)

Un errore di ortografia mi prude nel sedere che manco una siepe di ortiche.
E allora l'ho corretto.
E il blog è scomparso.
Provavo a googolarlo ma ... niente.
Soppresso.
Ma io lo vedevo, però bisognava digitarlo giusto.
Ma come facevo ad avvertire la gente?

Ondate di followers in rivolta.
(se n'è accorto nessuno? Solo la sorella di Vaniglia Lamponi, che Dio la benedica).
Comunque io non ci capisco niente.
Secondo me io mi merito un webmaster.
Un fotografo (anzi LA fotografa).
Un chirurgo estetico e un parrucchiere a domicilio.
Una carta a credito illimitato.
Ok mi fermo.

Comunque il blog resta con il nome sbagliato.
matrignapartitme.

Orrore.
Aiutatemi.

lunedì 22 aprile 2013

Un attimo di eterno

Un attimo di eterno a volte ti capita quando non te lo aspetti.
Tra la fatica di vivere e una domenica che doveva essere di pioggia, ma non è.

Il figliastro minore sta crescendo.
E finalmente, non solo in altezza.
Mi commuove osservarlo da dietro e vedere lo stesso fisico di suo padre, la stessa andatura.

Sabato sera a tavola era svagato e inappetente, con quello sguardo vacuo e quell’espressione tra il sorriso mezzo sghembo e qualcosa che frulla nella testa.
Io me li ricordo molto bene i miei quasi 12 anni.
E ricordo molto bene anche i quasi 12 anni dei miei compagni di classe maschi.
Roba molto diversa. Del tipo che le ragazzine sono già mezze invasate e i ragazzini un po’ sì e un po’ no. Ma farsi trascinare è anche bello.
E sì, ammetto che io avevo 12 anni nel Giurassico, ma gli ormoni sono ormoni.
Anche nell’era del cellulare.

Comunque il figliastro resta un po’ bambino.
E guarda i cartoni stupidi, e dice che una festa di compleanno di giorno è molto meglio di una festa di sera, perché si può giocare a basket.
Fonti non ufficiali mi informano che tale predilezione dura fino ai 25 anni, di questi tempi.
Comunque, non divaghiamo.

Domenica mattina il non più nano doveva stare a casa da solo qualche ora (vogliamo privare suo padre della corsa podistica domenicale? Giammai …).
Non dimenticate che io vivo al piano di sotto, e quindi a portata di squillo.
Ma da una certa inquietudine del sabato sera, avevo intuito che avrebbe voluto compagnia.
E quindi mi sono presentata di sopra chiedendogli se avesse voglia di accompagnarmi a fare un giro in bici. Si è illuminato. Io molto meno, che la morfologia del mio pube non è propedeutica alla bicicletta.

Comunque tra l’umido e l’afrore del concime di campagna abbiamo fatto questo giretto. Un po’ silenzioso e un po’ no.
Ma ero a mio agio.
Mi ha persino detto che dovevamo scambiarci il numero di cellulare.
Cioè rendetevi conto che io sono più vecchia di sua madre.

E poi, soffiata con finta noncuranza, a pochi metri da casa, in quel modo così tenero e così da duro, è arrivata quella confidenza.
Così preziosa che io, incapace di trattenere alcun tipo di segreto, nemmeno i miei, so per certo che non rivelerò mai. A nessuno al mondo.
Un regalo immenso.
Un’infinita dichiarazione di fiducia.
Un attimo di eterno, appunto.

venerdì 19 aprile 2013

Tu che mi rubi l'anima


La maggior parte delle mie esternazioni in questo blog – diciamolo – non sembrano fornire di me una visione particolarmente profonda.
Se io non mi conoscessi e leggessi qualche post a casaccio, probabilmente mi immaginerei così:

foto estratta dal web

In realtà mi disegnano così.
Cioè, sono io che mi disegno così.
Perché un po’ lo sono, perché sono stata un brutto anatroccolo per troppo tempo, perché è divertente.
Ma c’è tanta altra roba, pure troppa.
Poca leggerezza.
Cervello sempre in attività, raramente pensieri positivi.


Leggo moltissimo.
Anche mentre faccio colazione, per esempio.
Fosse anche il retro della confezione dei cereali integrali.
i miei bambini ...

Moltissimi anni fa ho scoperto una centro libri, non lontana da casa.
Era un magazzino all’ingrosso, si occupava prevalentemente di libri di testo scolastici e di forniture a librerie ed insegnanti. Aperto comunque al pubblico, era il mio rifugio.
I ricordi di tutti i grandi dolori della mia vita passano di lì.
Ci passavo delle ore, vagando tra gli scaffali semibui.
I libri erano esposti per casa editrice, non per autore, o con evidenza dei best seller.
Se cercavi qualcosa, dovevi prima trovarlo.
In un certo senso quindi, era il libro giusto che trovava te, non il contrario.

In anni relativamente recenti, la MIA libreria si è spostata di qualche decina di metri, in uno spazio immenso, moderno, a due piani.
Al piano terra, tutti i libri del mondo.
Al primo piano, un’area dedicata ai bambini, una dedicata alle conferenze e presentazioni, e un wine bar, dove andare a sorseggiare un bicchiere di vino o bere un caffè.
Ero felice, tutto sommato, della trasformazione.
I libri si trovavano più facilmente, e i ragazzi del bar erano veramente simpatici e carini.
Particolare non irrilevante, la libreria si trova a 1 km. dal mio luogo di lavoro.

Poi è successa la crisi, kindle, l’ignoranza dilagante … un po’ di tutto.
E pare che più di un libro conti il convivio.
Non lo so.

Fatto sta che la MIA libreria è cambiata.
Il piano terra è stato trasformato in un bistrot in stile francese. Ma stiamo in zona industriale in mezzo alla campagna.
La ragazza simpatica del bar è stata licenziata.
I libri sono stati trasferiti al piano superiore, un po’ strettini, che io non mi ci capisco più.
I libri non mi chiamano più, non riesco ad abituarmi.

E vabbè.
Ma ciò che più conta, che proprio non mi va giù, è che il nome di questa libreria non è più legato ai libri, ma al fatto che ci si va a pranzo.
Tu ci vai a pranzo, e ci trovi mezza azienda (la mia).
E il 98% di quella gente forse non ha mai letto un libro in vita sua.

Io continuo ad andarci (lontana dalla pausa pranzo), a tentare di rifugiarmi lì dentro, e continuo ad avere il vizio di uscire con non meno di 3 libri in mano.
Continuo a non riuscire a comprare libri in altre librerie.
Perché mi sembra di tradirla, sono sincera.
E mi sembra che tutta questa gente che ci va a pranzo (a mangiare quinoa o cous cous) abbia usurpato un posto sacro.
Come se andassero a mangiare a casa mia, senza chiedermi il permesso, e se ne andassero pure senza lavarmi i piatti.

Così è se vi pare.
Quella è la MIA libreria, il MIO posto.
Andate a mangiare i tramezzini altrove, e se vi serve un libro ve lo compro io.

giovedì 18 aprile 2013

Quello che ci può stare dentro un week-end di sole

IO-NON-HO-SCARPE

Metti un venerdì di pioggia incessante, dopo settimane di pioggia incessante, e freddo.
Metti che poi all’improvviso spiove, e spunta il sole.
Quel sole diverso, frizzante e luminoso, che profuma di promessa e di fiori di pesco.

E tutto il grigiore e la ritenzione idrica e i capelli indomabili e la tristezza, d’improvviso scompaiono, e tutto quello che fino ad un giorno prima sembrava irrisolvibile e denso e stagnante come una nuvola di fango, si dissolve senza capire come, e il cuore si apre.

E allora, uscire dall’ufficio alle 18 con la carica a mille, e decidere senza averlo deciso che l’interruttore va riacceso.

Fare l’aperitivo nel mio bar preferito.
Fare l’amore, mangiando patatine al gusto di lime e pepe rosa.
Andare a mangiare la pizza con gli asparagi.
Andare al cinema, allo spettacolo delle 22.30, e morire di sonno nell’attesa, ma poi trovare una storia bellissima, e restare svegli.

Andare a passeggio in centro città, senza giacca.
Bere il caffè al bar.
Comprare due paia di scarpe, cercarne un paio con il tacco medio e comprarne invece un paio rosa, con il solito tacco esagerato, che non metterò mai .
Bere l’aperitivo seduti al sole, in piazzetta, tra i rami di ciliegio.
Fare il cambio di stagione nell’armadio e nel ripostiglio per fare spazio alle scarpe rosa. E a tutto il resto.
Lavare i capelli.
Andare ad una cena con le ex compagne di classe, che non vedevo dal 1988, e trovarle tutte meravigliosamente identiche ad allora.
Tentare di entrare in un affollatissimo locale alla moda, trovare la musica troppo alta e le ragazze troppo stronze, ed uscire di corsa.
Fare l’amore.

Dormire fino alle 11:40 del mattino. Non succedeva dal 1991.
Andare a pranzo dai miei e lasciare tutto nel piatto.
Coccolare i cani.
Andare a passeggiare sulle mura della città, con un vestito estivo leggero e sbracciato, e senza calze.
Comprare 3 saponette di Marsiglia al gelsomino. Solo perchè sono rosa.
Fare merenda con una birra bavarese.
Comprare per cena del churrasco Argentino, in un chiosto chiassoso.
Fare la seconda merenda con un aperitivo al Campari e un crostino con il lardo di colonnata.
Cenare con il churrasco di cui sopra e la torta di fragole e crema avanzata dal pranzo.

E il lunedì ti sembra tutto più leggero.
Anche se dura solo per poco.

martedì 9 aprile 2013

Non sono una vera donna



immagine estratta dal web

1)   Non mi piace la cioccolata.
Domenica ho fatto una torta al cioccolato per i figliastri, e ancora mi puzza casa.

2)   Vorrei avere il seno piccolo.
Per carità, ho una semplice terza che spalmata sul mio metroesettantatre può risultare pure sproporzionata in difetto … ma io sogno di essere piatta ed efebica come Lisbeth Salander. No vabbè, fàmo Kate Moss, ecco …
Vi sfido a saltellare a ritmo di Zumba con le tette, e vivere felici.

3)   Detesto le mie ovaie, la loro ostinata ed inutile funzionalità, e tutto ciò che ne consegue. Le detesto più dei serpenti, dell’inverno e dei capelli crespi.
Le venderei su e-bay, a qualcuna di più meritevole.
Anzi, le potrei anche regalare.

4)   Non mi piacciono i Modà. Non mi piace Biagio Antonacci.
Non mi piacciono i metrosexual, e neanche Johnny Depp (credo non si lavi dal 1987).

5)   Non ho mai avuto l’istinto materno.
Mi sono sempre piaciuti i bambini, fin da piccola, ma l’orologio biologico nel mio caso ha iniziato a darmi noia quando ho dovuto ridurre i tempi tra un decolorante all’altro a causa del proliferare di capelli bianchi.

6)   Parimenti, non ho mai sognato di svegliarmi tutte le mattine con un marito a fianco nel letto.
Anzi, tendo a dormire sul divano pure quando sono in vacanza.

7)   Il vino al ristorante lo scelgo io. Anzi, scelgo pure il ristorante.

L’unico motivo per cui mi ricordo di essere una donna, tutte le sante mattine, è che non ho niente da mettermi.