Storie di tutte le cose visibili e invisibili



venerdì 30 marzo 2012

Tranquilli, mai.

Dunque, sono successe un po' di cose.


Intanto, visto che si avvicinano le vacanze, con la consueta tempestività che ci contraddistingue mio padre ha pensato bene di spaccarsi un ginocchio che deve essere operato con urgenza entro l'estate. L'ospedale prescelto ovviamente è piuttosto scomodo, mia madre non guida più e io sono figlia unica. Ricovero previsto: 15 giorni. Evviva.


Poi, ieri sera sono andata a correre e ho scelto un percorso impervio nella campagna vicino a casa.
Dopo 10 minuti sono inciampata, e caduta sopra il mignolo della mano sinistra.
L'unghia finta è rimasta perfetta, eh ...
In compenso ho rotto il dito. Certo, apparentemente il mignolo della mano sinistra serve a poco. Ma io scrivo al PC con 10 dita, e quindi mi sono inibite tutte le lettere presenti nella parte sinistra della tastiera.
Eppoi è tutto blu, è storto, gonfio e mi fa male.
Ma mi rifiuto di andare al Pronto Soccorso. Se ci fosse la tessera punti io avrei vinto la batteria di pentole.

La giovane coppia da Tirana con bambino che abitava sopra la mia testa ha traslocato. Ci hanno messo un mese a svuotare un mini appartamento, non dico altro. Stavano sempre chiusi in casa, ma avevano la capacità di inzozzare la scale come nessuno, e in un anno e mezzo hanno rispettato il calendario di pulizia solo una volta, su cortese sollecito.
I nuovi inquilini sono - a quanto pare - dei loro parenti.
Ieri sera l'ingresso era intasato di biciclette, e sul terrazzo hanno montato un'antenna parabolica che mi oscura perfino il sorgere del sole.
Credo che siano almeno in 15, in 50 mq., a giudicare dai rumori che provengono dal piano di sopra.

Stamattina alla pesata settimanale la bilancia segnalava +500 grammi.

E io sono nervosa, molto nervosa.

Shopping is the answear.



giovedì 29 marzo 2012

Di fame d'amore e forza di volontà



Se si chiede a qualsiasi persona mi conosca di descrivermi, tutti rispondono "Bionda, alta e magra".
Eppure alla nascita pesavo 4 chili e mezzo.
Un ammasso urlante di capelli neri, rossa in faccia come un gamberone, decisamente bruttina, perfino mio padre lo sostiene (il parere di mia madre è irrilevante perché credo che mi trovi brutta anche adesso).

Sono sempre stata un po’ robusta, anche se molto alta rispetto alla media dei coetanei.
Ho affrontato la mia prima dietologa a 18 anni, e ho perso 10 kg. in 8 mesi.
Il dietologo numero due l’ho incontrato 6 anni dopo, che di chili da perdere ne avevo quasi 20.
Che comunque io quando devo seguire un regime sono un mostro di coerenza.
Non sgarro mai, dominata da un Super Io con i contro-c….

Ma in mezzo, ci sono state tante cose.
Ci sono state delle pillole magiche che acceleravano il metabolismo, che dovevo prendere per due settimane ma già che c’ero ho finito la scatola.
Ci sono state le abbuffate notturne, di tortellini crudi e formaggio e biscotti e qualsiasi cosa fosse non necessariamente commestibile, e il disgusto di se, e la nausea e il senso – comunque - di vuoto e inadeguatezza.
Ci sono stati i digiuni, il toast che bastava per 3 giorni, l’insidioso senso di potere e di forza per quel dominio sui bisogni, che mi faceva sentire padrona del mondo e incredibilmente piena di malsana energia.

Molte diete e qualche fidanzato che ha avuto l’ardire di lasciarmi, e ho acquisito il mio peso forma che conservo da circa 13 anni con oscillazioni di un paio di chili in eccesso o in difetto.

Non sto qui a pontificare sulle origini e le cure dei disturbi alimentari perché è un tema delicatissimo e non può venire affrontato con superficialità.
Io ho fatto il mio percorso, e credo che in fondo non si guarisca mai.
Si impara a gestire con serenità.

Tutti i venerdì mattina, scientificamente, salgo sulla bilancia e segno il peso nella mia agenda.
Compatibilmente con il reflusso gastrico e l’ernia iatale e la gastrite, mi piace mangiare e bere bene e adoro i ristoranti più dei tacchi alti, ma mangio in modo sano e piuttosto equilibrato.
Le schifezze mi fanno schifo e non sono golosa di dolci.
Vado in palestra e a correre, ma con una sana incostanza.
Non sono una fanatica, ma sono cosciente di quale sia il punto di non ritorno, e cerco di evitarlo. Due chili in più e mi sento a disagio.
E’ il mio lato fragile.

Per questo, e molto altro - tra cui la malattia di mio padre - in merito al sovrappeso ho delle opinioni spesso deprecabili e di manifesta intolleranza.
Non credo molto a chi sostiene di sentirsi a suo agio dentro una taglia XL.
Nel senso che non credo esista una donna al mondo che pesa 90 kg., si guarda allo specchio e si vede una gran gnocca. Se esiste, la ammiro, ma credo comunque che faccia del male al suo corpo.

Insomma, so’ pure un po’ stronza, ecco.

Ognuno di noi ha i suoi confini di tolleranza, e questo è uno dei miei.
Convivo con i miei buchi neri, e li ho talmente analizzati negli anni che mi sento pure autorizzata a coccolarli.
Anche perché in questo caso nessuno mi può accusare di parlare senza cognizione di causa…

martedì 27 marzo 2012

Una rettifica ed una torta al cioccolato che wow wow wow

La foto non è mia, mi perdoni l'autore per il furto
Primo appunto relativo alla ricetta degli gnocchi di qualche giorno fa:
http://matrignapartitme.blogspot.it/2012/03/gnocchi-al-ragu-della-matrigna.html
1 kg. di patate sono veramente troppe.
Per un quantitativo sufficiente a 4 persone, la giusta proporzione sono 500 gr. patate e 200 gr. di farina.

Poi, allora, è ormai noto a tutti che non amo i dolci.
Di questi, il cioccolato è quello che mi piace meno, e questa certezza conferma che non sono nata in questo pianeta e presto o tardi qualche astronave verrà a riprendermi.

Altra certezza è che Benedetta Parodi mi ha cambiato la vita.
Certo, per i puristi è peggio di un brufolo il sabato sera, e alcune sue ricette sono inaffrontabili anche per me, ma confesso che il suo approccio approssimativo e scazzato mi ha aiutata a fare pace con la cucina.

A grido di "conquistiamoci i ragazzi prendendoli per la gola" ho passato il fine settimana a farcire focacce al rosmarino e montare panna per le fragole.
E poi ho preparato a tempo di record questa torta che, soprattutto il giorno dopo, è semplicemente libidinosa.
Una bomba calorica senza paragoni, da gustare a quadretti, proprio come se fossero dei cioccolatini.
Il ripieno è morbido e umido, anche se io la preferisco un po' fredda da frigorifero.
Provatela, il risultato è scientificamente provato.

200 gr. di cioccolato fondente di buona qualità
200 gr. di burro
1 pizzico di sale
200 gr. di zucchero
4 uova
4 cucchiai di farina

Fate sciogliere il cioccolato in un pentolino capiente con qualche cucchiaio di acqua.
Aggiungere lo zucchero, meravigliandovi del fatto che ce ne vada così tanto.
Aggiungere il burro, meravigliandovi del fatto che ce ne vada così tanto.
Quando il composto si è ben amalgamato, spegnete il fuoco e fare raffreddare un pochino.
Aggiungere 4 tuorli al composto, e i 4 albumi montati a neve con un pizzico di sale.
Infine, incorporate 4 cucchiai di farina.

Versate il composto in una tortiera ricoperta di carta da forno (tassativo, il dolce è fragilissimo e si rompe).
Io l'ho messo in una pirofila rettangolare, così è stato più facile tagliarlo a cubotti.
Infornate a 180° per 20/25 minuti.
Fate raffreddare e spolverizzate di zucchero a velo o cacao amaro o farina di cocco.

E poi prendete e godetene tutti.

venerdì 23 marzo 2012

La vita ai tempi della comunicazione globale

Ieri parlavo con un collega che manifestava palese irritabilità in materia di blogger.
Sosteneva che cani e porci si decidono ad aprire un blog (confermo, basta guardare me…) e trova insopportabile questa malsana abitudine, perché sembra che tutti si sentano di dovere di aprirne uno, ed è vero che c’è un blog per qualsiasi cosa: per truccarsi, per vestirsi, per far da mangiare, per fotografare, per fare la mamma, per fare la zitella…

Ha chiuso il suo intervento con una sentenza folcloristica ma condivisibile:
“Ma desso se gò da trombàr devo ‘ndar in zerca de un blog par ricordarme come se fa?”
Traduzione: “Qualora avessi l’occasione di intrattenermi sessualmente con una partner, sono invitato a consultare un blog per ricevere adeguato briefing sulla procedura?”.

Ho quindi riflettuto, attività che peraltro non andrebbe stimolata dato che notoriamente la mia vita parallela introspettiva/celebrale pare non trovare mai sosta, neanche in fase REM.

Io sono una di quelle che si è adeguata alla tecnologia, ma che non la mitizza.
Per esempio:
trovo geniale l’invenzione del cellulare ma francamente vivevo benissimo pure quando per chiamare qualcuno in segreto dovevi metterti in coda davanti a una cabina con il cilindro di gettoni in mano;
trovo che gli SMS e le mail abbiano fatto più vittime di una pestilenza. Quando ci si scriveva lettere di carta e ci si guardava in faccia per dirsi “ti amo” e “non ti amo più” e qualsiasi altra cosa, c’erano meno filtri, c’era il linguaggio del corpo, c’erano meno malintesi;
trovo agghiacciante l’idea di Kindle e io continuerò a stipare la mia libreria in doppia fila difendendo fino alla morte il rito delle visite in libreria, l’odore della carta stampata, le sottolineature, il peso sulla borsa da spiaggia.
Steve Jobs era un grande talento, ma da qui a farlo maestro di vita ce ne vuole, e con rispetto se sento ancora dire “stay hungy, stay foolish”, mi metto a graffiare il muro.
Cose così insomma.

Però vorrei dire la mia, a parziale difesa della folla di blogger di cui, con sincera modestia, non ritengo peraltro di far parte  (cioè per esempio vado anche a correre ma non mi definisco una podista).

Di fatto i nuovi strumenti di comunicazione hanno sdoganato alcuni tabù e diffuso in modo esponenziale le modalità d’informazione. Certo, sul web chiunque può scrivere (e leggere) la qualunque, e questo non è bene. Ma pure nei quotidiani, ultimamente, si legge roba strana, eh …

Le prime file delle sfilate sono affollate di fashion blogger, ed alcune di loro, mi perdonino, hanno la classe di una giostraia zigana ad una festa di matrimonio, con tutto il rispetto per le giostraie…

Sulla professionalità non si scherza, ma guardiamo il lato positivo: forse è anche giusto tentare di detronizzare l’egemonia di alcuni soggetti che pare abbiano il potere di decidere chi può pubblicare un libro, vendere una collezione di abiti, aprire un ristorante di successo, vendere un disco, e parlo di giornalisti, scrittori, critici vari.

Insomma, non mi aspetto di vedere Chiara Ferragni che spinge Anna Wintour giù dalla sedia a bordo passerella (e continuo a rimanere incredula sapendo che c’è gente che con un blog non solo ci vive ma si veste pure gratis) e credo che questa mania dei blog si esaurirà per sfinimento, probabilmente scalzata da qualche altra cosa.

Personalmente, scrivere dei fatti miei sul web, mi piace assai.
Non so se sia narcisismo o impudicizia, forse è solo un modo come un altro per raccontare a me stessa la mia vita, e poi fare ordine.

lunedì 19 marzo 2012

La goccia e la roccia

Longing for summer ...
Ero andata a cena con delle amiche.
Non ricordo a che punto della nostra storia eravamo, ma stavamo insieme già da un bel po’.
C’erano già state le sue frequenti fughe, il suo telefono spento per giorni, le sue scenate, i ripensamenti. C’ero già stata io incollata al suo campanello, a guardarlo dietro le finestre, e lui che non apriva. C’erano stati litigi e urla al telefono, dolore e dolore e ancora dolore.

Ricordo che era inverno, perché avevo il piumino bianco, quello con il pelo in mongolia, che ora porta mia madre.
L’accordo era che alla fine della cena sarei andata a dormire da lui, mi aveva dato una copia delle chiavi. Mi sono trovata con le amiche, eravamo in 6, e non siamo andate a cena in un locale alla moda, ma in una semplice trattoria a pochi chilometri da casa. Serata tranquilla, molte chiacchiere.
Il cellulare non prendeva, e siccome avevo la batteria scarica, l’ho spento per non consumarla inutilmente.
Ci siamo salutate verso l’una di notte, sono andata verso casa sua, canticchiando qualche canzone stupida.

Ricordo come se fosse ieri il rumore della chiave nella toppa, il mio primo passo dentro casa, lo sguardo verso destra, la camera da letto, lui che schizzava in piedi.
Ricordo il mio stupore, di fronte alla sua ira. Ricordo le sue accuse surreali, e io che sorridevo perché pensavo scherzasse.

Il telefono spento – a quanto pare – era prova di colpevolezza certa.
Il mio piumino bianco con il pelo in mongolia era persino stato visto camminare misteriosamente nel cortile qualche ora prima.
Ricordo di essere uscita in silenzio da quell’appartamento, dopo essermi sentita dire “esci da qui e lascia le mie chiavi sul tavolo”.
Confusa, incredula.
Mi sono seduta sul primo gradino, senza capire.
Sono rientrata dentro quell’appartamento, spinta da quel disperato desiderio di chiarire, di risolvere, subito.

Ed è stato allora.
Che mi si è avventato contro come una furia.
Mi ha spinta sul letto, con violenza.
Ricordo le sue mani strette intorno al mio collo, la bocca piena di schiuma a pochi centimetri da me.
Non ho neanche avuto paura. Ed è questo pensiero, che ancora adesso, mi sconvolge.
E ci sono rimasta insieme ancora degli anni, prima di trovare la forza di dire basta.
Perché quando qualcuno ti tratta così, purtroppo, c’è qualcosa di minuscolo e malato dentro di te che ti convince che è proprio colpa tua.

giovedì 15 marzo 2012

Gnocchi al ragù della matrigna

Prendere una carota, una cipolla e un gambo di sedano, e dopo appropriato lavaggio ficcarli nel tritatutto per pochi secondi.
Metterli a soffriggere con poco olio d’oliva in un tegame capiente.
Aggiungere 400/500 grammi di carne macinata, io prendo il vitellone perché il misto è troppo grasso. Fare rosolare la carne, aggiungere sale, pepe, noce moscata, un cucchiaio di concentrato di pomodoro, che non ho mai capito a cosa serve ma sembra che serva.
Aggiungere una bottiglia di polpa di pomodoro ed un po’ d’acqua, e un dado oppure un po’ di dado granulare senza gluttamato.
Ci andrebbero messe delle erbe aromatiche ma io non ce le metto perché non ce le ho.
Fare sobbollire a fuoco bassissimo, coperto, per un paio d’ore.
Profumo delizioso, che impregna a tempo indeterminato anche i vostri capelli freschi di parrucchiere.

Nel frattempo fare bollire 1 kg di patate multiuso con la buccia.
Sbucciarle ancora bollenti e passarle con quell’affare con i buchi.
Salare il composto e impastare, a mano, con circa 200 grammi di farina (le patate devono essere ancora caldissime !).
Smerdare tutta la cucina e i vostri vestiti di farina, fare dei salamotti dello spessore di circa un dito, tagliare a tocchetti, metterli in un piatto infarinato.
Schiacciarli leggermente con una forchetta, così invece di assomigliare a dei tronchi informi sembreranno vagamente degli gnocchi rigati.

Ricetta a prova di bionda naturale.
E siccome io nasco castana, valgo doppio !

Io non li ho assaggiati perché li ho portati al piano di sopra, sono tornata giù a pulire la cucina, e sono andata a pranzo dai miei a mangiare i tortellini di Giovanni Rana in brodo di dado classico.
Ma mi hanno assicurato che erano buonissimi!

lunedì 12 marzo 2012

Disclaimer

Prendo spunto da un ragionevole commento di Susibita (che ringrazio perché è una persona che stimo e le riconosco buon senso e lucidità) al mio precedente post per fare una precisazione e contestualizzare il mio sfogo, che riconosco essere stato tranchant e volutamente provocatorio.

Io non ce l’ho con le madri.
Anzi, credo che vengano ingiustamente caricate di troppe responsabilità.
Tutti noi siamo stati cresciuti da genitori imperfetti, e non siamo tutti necessariamente dei criminali.
Semplicemente, non credo che le mamme non sbaglino mai.
Credo che debbano avere il sacrosanto diritto di sbagliare pure loro.

Come giustamente dice lei, forse il segreto dell’eterna diatriba tra madri e childfree sarebbe quello di smetterla con queste classificazioni e giudicare le persone in quanto tali.
E’ sempre difficile, da una parte e dall’altra, ed è impossibile valutare con obiettività quanto succede, perché banalmente siamo a conoscenza del punto di vista solo da un lato della barricata.
Mi ostino a credere che la priorità dovrebbe essere quella di sapere i propri figli sereni e felici di passare del tempo con il proprio padre, e deridere o sminuire il suo ruolo davanti a loro è sempre sbagliato, perché li responsabilizza a prendere una posizione.
I bambini devono fare i bambini. Punto.

Per chiarire, riporto parte della risposta al suo commento:

… Mi rendo conto di avere sparato nel mucchio, ma questo post era necessario per me in quel momento. Condivido assolutamente quanto scrivi, ho usato una frase ad effetto forse solamente come provocazione. Il tema è delicato e pericoloso, ho tante cose da dire ma non ho ancora trovato un modo sano per farlo …

domenica 11 marzo 2012

Un dolore che sale che sale e fa male

Sono ore che cerco di trovare un modo giusto per di parlare di quello che ho in testa.
Non ho la libertà di scrivere tutto quello che penso, con la trasparenza senza freni e senza paure che chi mi conosce mi riconosce; questo blog non parla solo di me, coinvolge persone che rispetto e che amo, e non vorrei ferire nessuno.
Ma ho l’urgenza di sfogare il mio disagio, la nota dissonante che riesce – sempre – a rovinare tutto. Le famiglie allargate, temo, non esistono, e se esistono, sono lontane da casa mia.

Potrei parlarvi di una settimana faticosa. Di grandi cambiamenti, unghie rotte, pasti disordinati.
Potrei parlarvi di un sabato occupato da una cerimonia religiosa.
Potrei raccontarvi che in 5 ore sono riuscita ad infilarci la spesa al supermercato, un sopralluogo in un grande magazzino, il parrucchiere con tinta, mèches, manicure con smalto color tortora, piega a boccoli. Ritorno al grande magazzino per comprare il vestito che avevo provato prima, perché un vestito nuovo val bene una Messa.
Passaggio a casa dei miei per il solo tempo di stirare il vestito nuovo, poi strucco e ritrucco.

Potrei parlarvi di una chiesa di campagna, con gli affreschi tutti rosa, gremita di ragazzini in quell’età di mezzo così impegnativa tra l'apparecchio ai denti e la peluria nera sopra le labbra (gli insegnanti di scuola media inferiore godono di tutta la mia inossidabile stima).
Potrei parlarvi del Monsignore che, vi giuro, era identico all’Ispettore Derrik, vestito di rosso. Potrei dirvi che in preda ad un torpore incosciente provocato dal freddo, mi sono ripassata il rossetto in Chiesa, tra scambiatevi un segno di pace e il Padre Nostro.

Ma la vita di una famiglia allargata riserva sorprese e amarezze, anche se tu sei incolpevole, insieme ai figli, spettatori addolorati di una guerra che non ci appartiene.

Non voglio entrare in pericolose disquisizioni sui rancori antichi, sulle dinamiche malate degli ex coniugi, sulle madri che non sbagliano mai e le non madri che non possono sapere, perché avrei troppo da dire e oggi non ce la faccio.
Vorrei raccontarvi di più, ma non voglio.

Ma io soffro, sto male, e di fronte a certi comportamenti, essere o non essere madre centra poco.
Ci sono madri cattive, e cattive madri.
Che avranno pure le loro ragioni, ma io, a prescindere, una cattiveria davanti a un bambino non la direi mai, nemmeno se avessi ragione. Questo fa di me una madre, anche se non ho mai avuto figli.

E se questo post scatenerà un’ennesima guerra intestina, per una volta, me ne frego.
Perché la mia vita è importante come quella delle altre.

A proposito, non ci conosciamo.
Io sono quella che stamattina ha messo la sveglia perché aveva voglia di fare il ragù e preparare gli gnocchi per il pranzo dei tuoi figli.

giovedì 8 marzo 2012

Il senso del Nano per la selvaggina

"Che cos'è?"
"E' fagiano, l'ha cacciato mio papà. Assaggialo Nano, è buono ... fa conto che è come un pollo"
...
"Che succede Nano, non ti piace?"
"Sì mi piace ... ma lo mangio con calma ... perchè è un pollo strano..."

lunedì 5 marzo 2012

Un giorno perfetto

Sono le 7:20 di un venerdì mattina di metà Settembre, e sto correndo tra casolari silenziosi e campi di granoturco.
Il caldo è già insopportabile, e la coltre pesante di umidità che flagella costantemente il Nord Est in questi giorni ha sfiancato pure me, che adoro l’estate e detesto il freddo.
Sarà che sono insonne da notti immemori, sarà che la mia vita è sospesa da due giorni, sarà che è la prima volta che mi viene in mente di correre al mattino, ma il mondo intero, in questo squarcio di campagna, sembra essersi fermato.
Un unico pensiero, martellante, invadente, incancellabile, tormenta il mio corpo e la mia anima.
Non sento la fatica, i capelli sudati, le gambe pesanti, il ginocchio dolorante sotto il tutore.
Una telefonata dal Centro Medico dopo un esame di routine:
Approfondimenti.
Anomalia.
Non è detto.
Queste sono le parole chiave.

Due ore dopo sono in auto, estraggo il CD e ascolto la radio.
Non voglio legare il ricordo della mia musica ad una brutta notizia.
Sono in anticipo di 20 minuti, e per un’altra mezz’ora sto bene e leggo la mia rivista.
Poi comincia a  montare l’ansia.
Finalmente chiamano il mio nome, storpiato, ma sono io.
La voce proviene dalla porta sbagliata: radiologia. Io lì ci sono già stata una settimana fa, dov’è il medico? Voglio il medico, l’ecografia, qualcuno che mi dica che va tutto bene e che posso andare a casa.
Ovviamente non apro bocca.
Subisco l’ennesima tortura, sudando dal freddo, circondata da medici silenziosi che si consultano con gli occhi, come se io non ci fossi.

Altra attesa, l’ansia si trasforma in panico.
La sala d’attesa è piena di donne, tutte molto più adulte di me.
Ho paura, e improvvisamente mi sento sola, anche se ho voluto fortissimamente essere sola oggi.
Di nuovo il mio nome, questa volta dalla porta giusta.

Segue una mezz’ora surreale che riassumo come segue:
ho pagato un ticket raddoppiato per avere un terzo della prestazione usuale
mi hanno fatto tornare dopo una laconica telefonata “approfondimenti per anomalia”, regalandomi due notti insonni e tre giorni di vuoto, perché adesso questa è la prassi
mi hanno fatto pagare un altro ticket
ho una mamma che è stata operata di cancro
ho seguìto pedissequamente tutte le procedure di prevenzione da sempre
e ora mi ritrovo davanti ad una dottoressa in sovrappeso, con un improbabile taglio di capelli, e un baffetto che non ha mai conosciuto la ceretta, che mi tira un pistolotto infinito nel quale il messaggio, in sintesi, è che è tutta colpa mia.

Ma siccome la teutonica dottoressa mi ha detto che non ho niente, io l’ho amata.
Le ho sorriso, le ho detto grazie.

Sono uscita dall’ambulatorio ancora sotto shock.
I successivi 20 minuti, passati a tentare di pagare l’ennesimo ticket con una macchinetta che non tollerava la mia poca lucidità, preferisco rimuoverli.

Poi sono risalita per consegnare il ticket e ritirare gli esiti.
E ho pianto. E mi sono sentita leggera e felice. Come non lo ero da anni, anni di vita pesante sopra la testa.
E poi ho chiamato la mia mamma, che amo e che odio e alla quale non avevo detto nulla, ma lei sapeva già tutto, come tutte le mamme.

venerdì 2 marzo 2012

La torta di mele svaccata lì

Ok lo so, non se ne può più di torte di mele.

Eppoi, diciamolo, con tutte le food blogger che ci sono (che mi chiedo, ma avete notato che quasi tutte le food blogger sono pure fotografe ??), non si sentiva proprio il bisogno di  una come me, che è affine alla cucina quanto un Moncler a Luglio.
Ma oggi, che dire, va così.

Che ieri ho tolto le calze, e oggi ho messo un paio di sandali estivi.
Che sono – mio malgrado – ancora in modalità attesa.
Che vorrei e dovrei scappare da tutto e da tutti, e che non posso pianificare nulla, e la mancanza di pianificazione mi toglie il sonno.
Che ho comprato un sacco di pantaloni troppo grandi, questo inverno, e che ora mi cadono dai fianchi e comunque, stasera, non ho niente da mettermi.

Quindi, torta di mele sia.
Sarà che il reflusso gastrico mi impedisce di mangiarle crude (a confutare l’antico adagio secondo il quale una mela al giorno toglierebbe il medico di torno …), io adoro le torte di mele.
Non essendo una grande amante dei dolci, fatico a trovare ricette che mi soddisfino; molte sono troppo “burrose” e tutte contengono troppo zucchero per i miei gusti.

La ricetta che vi descriverò oggi è di una semplicità disarmante, il dolce rimane soffice e l’uso dell’olio di semi anziché il burro lo rende decisamente più leggero. E poi è un dolce democratico !! Nel senso che io modifico sempre le dosi in base agli ingredienti che ho in casa (mi è capitato di mettere meno o più yogurth e una fialetta di aroma al rum o alla vaniglia anziché la buccia di limone) e viene sempre buonissimo !!!
E’ a prova di svaporata !!!


3 uova intere
2 bicchieri di zucchero (io ne metto 1 e ½ … ma regolatevi voi !)
2 bicchieri di farina e ½ bicchiere di Maizena (o Frumina)
300 gr. di yogurth bianco
½ bicchiere di olio di semi (io uso girasole, e ne metto pure meno di mezzo bicchiere, la torta viene morbidissima lo stesso !!)
1 scorza di limone grattugiata
1 bustina di lievito
3 grosse mele tagliate a fettine

Mescolate tutto insieme in ordine sparso, versate il composto in una teglia ricoperta di carta forno, ficcateci dentro le fettine di mela (devono essere TANTERRIME !!!!!) e mettere nel forno per circa 50 minuti.
Temperatura a caso, direi intorno ai canonici 180° !