Storie di tutte le cose visibili e invisibili



mercoledì 19 dicembre 2012

Specchi in frantumi

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E’ tantissimo tempo che non parlo più delle condizioni di salute di mio papà e – conseguentemente - di quelle mentali di mia madre.
Non lo faccio perché non ci riesco più.
Il livello di stress emotivo che ho provato quest’estate è stato talmente alto da avere provocato delle crepe inguaribili dentro di me.
Purtroppo sono ancora dentro al tunnel, e siccome non vedo la luce, lo arredo (cit.).

Sono tra quelli che vivono con angoscia le festività Natalizie.
Il Natale non mi piace.
Non è mai piaciuto ai miei genitori, e quindi attacchi depressivi, pranzi mesti e solitari, e tanto altro di brutto e triste. Questo si chiama imprinting.

Ciò detto, la mia vita è in modalità pausa da troppo tempo.
Torno a vivere quando sono molto impegnata.
Al lavoro.
Oppure quando riesco a fuggire per qualche giorno, e riesco a vedere cieli nuovi e dimentico.
Egoisticamente.

Poi capita una sera in cui arriva una bella notizia.
Cioè, straordinariamente non ci sono cattive notizie.
Sembra contorto ma non lo è.
E allora dico a me stessa “stanotte mi faccio un bel sonno tranquillo”.
E invece mi ritrovo alle 2 del mattino seduta sul letto a combattere con una tosse fetente, di quelle che passeranno a Giugno.

Detto questo, mi guardo indietro e vedo un lungo percorso sul quale sono rimasti solo cocci rotti.
E non sempre me ne sono accorta.

Rischio di scivolare nella dietrologia ma credo veramente che l’amicizia sia un dono prezioso, ma faticoso, forse più dell’amore.
In tutte le relazioni umane profonde, ogni ferita inferta o subìta si cicatrizza, ma rimane lì.
E a un certo punto ci si accorge che è troppo tardi, e non ci si può fare più niente.

Mi è capitato tante volte, e so che si sopravvive.
Ma questa volta rimprovero solo me stessa e quindi è doveroso mettersi in discussione.
Sperando che esistano rapporti che veramente possono durare per sempre.
Basta saper aspettare, e ricostruire, forse.
Forse, in alcuni casi, ne vale davvero la pena.
Perché se una persona ti manca da morire, vuol dire che ti è entrata dentro e non ne uscirà più.
Anche se è scomparsa dalla tua vita.

giovedì 6 dicembre 2012

La solitudine di un numero primo



Sono sempre stata diversa.
Una bambina diversa, alta e con i capelli corti e scuri, con il vocione nasale, in mezzo a tante nanette bionde con i codini e la vocina dolce.
Una famiglia diversa, attivista politica di sinistra negli anni ’70, nella città più bigotta del Triveneto.
Che tutti facevano la Prima Comunione a 7 anni, io l'ho fatta a 10.
Con la tunica troppo corta e le scarpe fucsia.
Che tutti facevano la Cresima e io non l'ho fatta.

Una madre diversa, cattiva e rancorosa e ingestibile.
Un padre diverso, con problemi e segreti che non voglio e non posso raccontare qui.
Una casa diversa, impresentabile e senza riscaldamento, che adesso la stufa fa figo, ma negli anni ‘70 faceva miseria.

Sono sempre stata diversa.
Con opinioni sui generis, scelte sui generis: non mi sono mai sposata, non ho mai convissuto, non ho avuto figli.
E non mi dite che siamo in tante, che io non ne conosco nessuna.

E non mi piacciono Biagio Antonacci e Ligabue e i Modà, per dire.
E neanche le borse, ne’ la cioccolata.

Sono diversa.
E non perché voglio esserlo, ma perché lo sono, per vocazione, per istinto, perché non posso essere altro.
Perché parlo e rido con tutti ma mi sento, diversa.
E spesso, tutto questo è sfiancante.

Troppo visibile.
Troppo alta, troppo bionda, troppe gambe.
Troppe battute al vetriolo, troppa intelligenza emotiva.

Detestabile.
Adorabile.
Non so.

martedì 20 novembre 2012

Matri-week end, ovvero la psicologia del cibo

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Forse l’ho già detto, ma chi immagina i miei matri-week end all’interno di un’allegra e caotica famiglia allargata, sbaglia di grosso.

Nei miei matri-week end regnano soprattutto silenzi, frigni e capricci, papà nervosi e urlanti.
Infatti, i miei matri-week end, si sono piuttosto diradati.
Perché fatico a sopportare i parenti toccati in sorte, figuriamoci quelli acquisiti.

Il figliastro minore ha 11 anni e mezzo, è alto 1 metro e 70, ha i primi brufoli adolescenziali e la sua voce spazia tra quella di Linda Blair posseduta e quella di Farinelli.
Ma è un bambino.

Detesta la verdura e i tempi necessari per terminare un pasto non sono accettabili; la sua lentezza è esasperante.
Il padre – lo debbo dire – ha scarse attitudini psicologiche, e le tecniche usate per accelerare i tempi e per imporgli di mangiare l’insalata producono, solitamente, le seguenti reazioni:
a)   lacrime e singhiozzi
b)   tempi raddoppiati
c)   musi lunghi per tutto il fine settimana

La mia opinione in proposito si riassume nei seguenti punti:
-      è ovvio che l’odio per la verdura non può essere vissuto con cotanto dramma. Evidentemente, ma solo per me, c’è dietro un disagio diverso, legato a casa, mamma, abitudini. E’ doveroso capirlo, e dargli una mano.

-      anche io non mangiavo la verdura, ora non potrei vivere senza. Conosco molti adulti che si nutrono solo di patate fritte e il loro stomaco sta meglio del mio.

-      se proprio si vuole imporre la verdura a ‘sto ragazzino, magari proviamo ad occultargliela, non costringiamolo a mangiare insalata se gli fa schifo.

-      se hai deciso che deve mangiare proprio l’insalata, lascia che sia sua madre a farsi odiare. Il ragazzo mangia con noi due volte al mese e gradirei che fosse sereno quando lo fa.

-      arrabbiarsi per tutto equivale a non arrabbiarsi per niente. Per evitare di alzarsi tutti da tavola alle 4 del pomeriggio, basta imporre una regola, senza urlare.
Decidere un termine ragionevole per finire il piatto.
Passato questo termine, il pasto è finito.
Se ha fame dopo un’ora, si finisce quello che ha lasciato nel piatto.
Semplice.
Bastava insegnarglielo nel 2002/2003.
Ma siamo ancora in tempo.

I miei matri-week end cominciano spesso con me che entro in macchina e saluto, e nessuno mi risponde.
Io non dico nulla, non rimprovero, non sollecito.
Percorriamo in silenzio la strada che porta a casa dei nonni.

Nella disposizione dei posti a casa dei nonni, il minore è seduto a capotavola, suo cugino alla sua sinistra, io alla sua destra.
In quei momenti di pura follia, dove il livello di decibel solitamente sfiora quelli di un concerto dei Muse, miracolosamente io e lui ci ritagliamo uno spazio sottovoce di scherzi e chiacchiere e racconti.
Nessuno ha modo di forzarlo a mangiare velocemente.
Infatti finisce sempre, non dico per primo, ma in tempi umani.
E poi corre a giocare con i cugini.
Vorrà pur dire qualcosa, no?

mercoledì 14 novembre 2012

Nudi alla meta

immagine scaricata dal web

Dunque, che dire.
Lavoro in media 12 ore al giorno, saltando pranzi e ingurgitando qualsiasi cosa sia commestibile in orari improbabili. Tutto ciò non fa bene al mio reflusso gastrico.
Quindi la notte tossisco.
Non sto a spiegarvi come funziona perché fa un po’ schifo.

Quindi non ho tempo neanche di accorgermi dell’uragano Sandy, figuriamoci di trovare un momento per aggiornare il blog.
Cerco di non trascurare la lettura dei vostri, perché siamo un po’ in famiglia e sennò mi pare di perdermi qualcosa di importante.
Riesco poco a commentare, e mi rendo conto che avere un blog è un lavoro, nel senso che va coltivato e vanno coltivati i rapporti con gli altri blogger, non fosse altro per tenere alta l’attenzione su di se’. Che adesso non venite a dirmi che tenete un blog e non siete un pochino vanitosi.
Avreste un diario con lucchetto, in tal caso.
Comunque vi adoro tutti.

Nel frattempo mi sono successe un sacco di cose, e non so mica se me le ricordo tutte.
Che magari voi direte pure machissenefrega, ma io riepilogo.

Ho appena rinnovato l’abbonamento della palestra dove da settimane non ho più tempo di andare perché a una certa di ora di notte, quando esco dall’ufficio, chiude.
Non solo, ho esteso il pacchetto e quindi la rata mensile – già cospicua – è aumentata di altri 20 Euro.
Continuo a chiedermi come abbia fatto ad entrare nel mondo della Finanza.

Ho festeggiato il mio quarantatreesimo compleanno e sono ancora piuttosto gnocca.
Ma gli anni ci sono e me li sento tutti.
Sono andata in un posto inutile dove ha quasi sempre piovuto, per 4 giorni, portandomi una valigia maxi per i vestiti, il trolley per le scarpe, e un borsone con gli scarponi e il phon. Tutto rosa.
Di fatto, non mi sono mai vestita per 4 giorni.
Nuda, con accappatoio, in ammollo perenne.
Bastavano le infradito di gomma.

Questa esperienza potrei riassumerla in pochi punti:

-      mi rendo conto che io sono gravemente impudica e fosse per me andrei in giro smutandata pure in ufficio. Ma tu, donna Italiana, che anche nello spogliatoio femminile della palestra ti cambi dentro l’accappatoio arrampicandoti in proverbiali contorsionismi, che diavolo ci vieni a fare nella zona nudisti della SPA vergognandoti come una disadattata e tenendoti il costume ?
Il tuo costume in lycra dentro la sauna a 90° non fa bene ne’ alla tua patata disabitata ne’ a me che ci entro dentro insieme.
A pochi metri ci sta l’affollatissima e caotica zona dress-on per famiglie e pudiche, ed è lì che devi andare, lasciandomi libero il lettino della sala relax.

-      caro uomo Italiano, se arrivi alle 8 di mattina per accaparrarti il lettino di fronte alla scaletta dell’idromassaggio solo per guardare lati A e B delle donne che entrano in vasca, con quell’espressione ebete finta indifferente, perché non torni a concentrarti su youporn che costa molto meno di 4 giorni in un hotel 4 stelle ?

-      famiglia ahimè mia corregionale, che ovunque tu vada nel mondo c’è sempre qualche Veneto a sbraitare in dialetto, composta da padre troppo nutrito, classico gretto arricchito, dotato di moglie della stessa stazza, e figlia di circa 8 anni che pesa almeno quanto me e gira con il ciuccio in bocca.
Caro hotel fichissimo che mi hai fatto l’upgrade in una suite e per il mio compleanno mi hai addobbato la stanza di candele, rose rosse e cuori luminosi, perché mi affianchi in camera la sopra citata famiglia?
Tu sai che le bambine il sabato sera vogliono vedere gli inquietanti coetanei della Clerici che fingono di a X Factor fino a mezzanotte, e poi il padre si vuole vedere il TG della notte ?
E tu hai voglia di battere sul muro, loro alzano il volume per farti dispetto.
Che dopo una giornata passata tra saune e vasche di acqua calda quando è sera sei cotto come un pesce lessato.

-    trovare la cena pronta servita a tavola la sera non ha prezzo.
Nei villaggi con cena a buffet io non ci andrò mai più, mi facevano cacare pure a 20 anni.
Quando arrivo a casa alle nove di sera dopo 12 ore di ufficio, con lo stomaco e il frigo vuoto, potrei mangiarmi anche il gatto dei vicini.

giovedì 18 ottobre 2012

L'omo à da puzzà. Ma anche no

Fonte: web

Non so quante di voi abbiano sperimentato la mistica esperienza di caricare in macchina un ragazzino di 11 anni con il 44 di piede e un quasi diciannovenne, entrambi reduci da una full immersion di scoutismo, attività sulla quale mi esonero dal fare commenti, perchè non sono figli miei, e se lo fossero, li riterrei più al sicuro in qualsiasi centro sociale occupato dai punkabbestia.
L’afrore che suddetti ragazzi riescono ad emanare è descrivibile immaginando un misto di: cane bagnato, falò improvvisato di legna umida, piede putrefatto dentro scarpone da montagna pure in stagione estiva, ascella che non vede il sapone da parecchie ore, alitosi da gnocchi al gorgonzola, capelli che lèvati.
E fin qui. Basta correre con i finestrini della macchina spalancati, mentre loro dietro crollano addormentati con la bocca spalancata, che sembra che quando vanno a scout gli diano da mangiare funghi allucinogeni. E peraltro non lo escludo.
Ma quello che mi sconcerta, è l’assoluta incapacità di tutti i rappresentanti del genere maschile a controllare l’attività del proprio sfintere.
Non esiste tragitto in auto senza un’emissione di peto.
Io avrei un appello per le mamme: ho visto con i miei occhi tutte le mamme del mondo agitarsi come delle ossesse ed esclamare, dinnanzi alle imprese dei loro piccoli gnomi “Amore della mamma, hai fatto la pussa ??? Hai fatto tanta cacca bella bellissimaa??!!!”.
Tutto ciò non è normale.
Vi divertite? Trovate simpatiche le scorregge dei vostri figli, peraltro in grado di sterminare una nazione intera, considerato le porcate che si mangiano e bevono?
Allora, un piccolo suggerimento. Insegnate ai vostri figli, per esempio, che esiste anche l’acqua, non solo il the e le bevande gassate.
Anzi, imparatelo voi, per prime.

mercoledì 17 ottobre 2012

Bad Girl

"Che bella quella giacca, dove l'hai comprata ?!"
"Veramente ha già parecchi anni ... in realtà è un prototipo della XXXX, non è mai stata messa in commercio"
"E tu dove l'hai trovata, all'outlet?"
"No, mi scopavo un tipo che lavorava in produzione"
"..."

giovedì 11 ottobre 2012

Lo stile ai tempi della crisi: consigli per gli acquisti



immagine estratta dal web


Sì, lo so che ci sono già la Carla ed Enzo, impagabili.
E chi dice che non li sopporta per i francesismi e l’atteggiamento snob-arrogante, rispondo che
a) lo fanno apposta
b) fanno bene, visto i traumi estetici ai quali sono sottoposti

E poi ci sono le Fescionblogger, categoria adorabile: a quelle famose regalano vestiti e scarpe, le altre – la maggior parte delle volte – si vestono in modo ridicolo. Tipo che hanno le cosce come quelle di Cassano e usano leggins e minigonna.
Che i leggins, come i bambini e gli ubriachi, dicono sempre la verità (cit. della mia Amica Vanessa).

Comunque.

Io ho imparato tardi a vestirmi.
Tipo qualche anno fa.
Improvvisamente mi si è aperto un mondo, e ho capito delle cose che non mi avevano mai detto.
Continuo a sperperare denaro in acquisti sbagliati, ma sicuramente non più come un tempo.

Vorrei condividere con voi alcuni dei miei nuovi “mai più senza”, che mi aiutano a gestire emotivamente (e finanziariamente) i miei deliranti momenti di shopping compulsivo/compensatorio.
Premetto che, pure io, ho dei giorni che sempro una disadattata.


1)    Quella storia che bisogna avere in armadio dei capi “classici”, è una balla. Dimenticate dolcevita neri, tubini neri, camicie bianche.
Questi consigli andavano bene negli anni ’60. Oppure vanno bene se, oltre al dolcevita nero, ti puoi comprare altre mille cose.
I capi classici sono privi di personalità.

Esempio: se puoi comprarti un golf, uno solo, e ti compri un dolcevita nero perché “bisogna averlo”, non ti noterà nessuno.
Se compri una maglia di un filato prezioso, o con un dettaglio grintoso, o con un colore particolare, avrai uno stile diverso.

Se proprio vuoi il dolcevita nero, allora punta su un pantalone/gonna/scarpa/gioiello che facciano girare la testa.
Oppure ti chiami Nicole Minetti e stai puntando su altro, ma non è il vostro caso. Spero.

Altro esempio: è utilissimo avere una camicia bianca. Ma se dovete comprarla, prendertela con un dettaglio che vi distingua: un colletto particolare, un decoro, un accessorio, due ruches... Una camicia bianca informe non è un “classico”. E’ da uomo.

E poi, 'sto tubino nero, per cortesia … ma quando ve lo mettete !?
Ma chi siete, Audrey Hepburn?
Se proprio vi serve un abito per una cerimonia, o per una festa, compratevelo blu pavone o rosso geranio!


2)    Quanto sopra, ricordatevelo, vale soprattutto per le scarpe.
Se vi comprate ancora lo stivale nero a tacco basso, meritate di restare nell’ombra per sempre.

Inoltre, se dovete scegliere: scarpe nuove e vestito vecchio.
Scarpe costose e vestito cheap.
Le scarpe, e i capelli, fanno la differenza. SEMPRE!


3)    I capelli, appunto. Vi prego, i capelli.
Spendeteli ‘sti 80 euro dal parrucchiere, per cortesia.
Non se ne può più di chiome crespe e tinte malfatte.
Tirarsi i capelli con la spazzola richiede dedizione ed allenamento.
La mia massa impegna almeno 30 minuti.
Ma sarete ripagate dagli sguardi del mondo.

Poi, i capelli corti: stanno male quasi a tutte le donne del mondo.
A meno che non siate Halle Berry.
Tutte le parrucchiere insisteranno per farveli tagliare, solo perché loro provano un oscuro e sadico piacere nel rendervi dei cessi e usare le forbici. Mi fanno paura.
Ma voi non cedete.


4)    Essere stilosi è scomodo, ricordatevelo sempre. Se siete vestite comode, vuol dire che siete vestite male. Ma è questione di auto – educazione.
Bisogna iniziare soffrendo i tacchi, la giacca avvitata che tira, la collana pesante al collo, la cintura che stringe in vita.

Dopo qualche mese, sarete talmente brave che riuscirete a vestire con stile e personalità anche con le Francesine rasoterra, il jeans elasticizzato e il maglione morbido.
Ma le scarpe devono essere di ottima fattura, il jeans con il giusto lavaggio, la maglia senza pallini e con un taglio particolare.


5)    Trovate un dettaglio che vi contraddistingua. Per esempio, io detesto calze e collants.
Uso solo calze da uomo, e indosso gonne e vestiti solo a gambe nude. Fino a Dicembre.
Quando fa troppo freddo, uso solo pantaloni.
Se proprio mi gira che voglio indossare una gonna a Gennaio, metto calze in microfibra di almeno 70 denari. E rigorosamente con il tacco.
La calza con la ballerina, vi prego, mai.


6)    Il fondotinta. Perché vi sta così antipatico?


7)    I vestiti low cost, si vede che sono low cost.
Traduco: se vi vestite H&M dalla testa ai piedi, si vede. Soprattutto se avete più di 15 anni. La plastica si riconosce pure dall’odore che emanate …

Io ho deciso di votarmi al sacrificio e spendere più di quello che guadagno (e ci vuole poco) in scarpe e vestiti, ma di fatto, se voi vi comprate 5 vestiti di merda e io me ne compro 2 fatti bene, noteranno tutti i miei due vestiti, e non i vostri cinque.
A conti fatti, conviene.

Un trucco è mixare, ve lo dicono tutti ma nessuno vi insegna come si fa.
Neanche io lo so fare, quindi non lo faccio quasi mai, ci vuole talento.
Però, per esempio.
Oggi indosso un maglione che mi è costato 30 Euro. La giacca in pelle forse mi è costata 100 Euro, credo non sia pelle di animale…
Però ho una pashmina di seta con dei colori bellissimi.
E tutti notano la sciarpa.
Ovviamente ho scarpe da urlo e capelli perfetti.


8)    Accessori. Dimenticate la parure girocollo/tennis/anello solitario.
Io non ce l’ho, quindi non devo manco fare lo sforzo di dimenticarla ...
Comunque, la parola d’ordine è: abbondanza e sovrapposizione.
Tantissimi braccialetti al polso: di perline, di corda intrecciata, di metallo dorato.
E collane, lunghe.
La bigiotteria costa, generalmente, pochissimo.


9)    Vi do una notizia: il nero non sta bene con tutto.
Mai usare nero su nero, non esiste un nero uguale all’altro.
Fidatevi del vostro occhio: mettete due capi vicini, e se vi viene da scuotere la testa, cambiate abbinamento.
Bisognerebbe mixare con coraggio.
Il trucco è distinguere i colori freddi dai colori caldi (se non li distinguete cercate su Google immagini) e cercare di non mescolarli tra loro.
Sarebbe anche fico, ma ci vuole mestiere.
Io mi faccio consigliare dalle commesse, come noto.

10)  Le borse. Io uso solo DUE borse.
Ma azzeccate. E vanno su tutto.

Invece, le Luis Vuitton non vanno su tutto.
Dipende dal modello.
Tendenzialmente non sono eleganti.

E comunque, alternatela ogni tanto !


Vi voglio molto bene, eh …

venerdì 28 settembre 2012

Impressioni di Settembre




Settembre è il mese peggiore per gli ipocondriaci.
E per le malattie di origine psicosomatica. Cioè quasi tutte.
Mi domando come cazzo faccia il mio stomaco a sapere che è Settembre.

Io adoro i bambini. Ma detesto i figli.
L’illuminazione mi è venuta pochi giorni fa.
Il sentimento peraltro è reciproco. In entrambi i casi.

Non ne posso più di cake designer, pasta di zucchero, cupcakes e macarons.
Son tanto bellini da vedere, ma insomma dai, li avete mai mangiati? Fanno abbastanza cacare.

Ho sviluppato un’inevitabile quanto intempestiva allergia agli ospedali. Qualche sera fa, dopo una settimana di varia e avariata frequentazione, ho deciso di andare a sfogarmi in palestra per dimenticarli.
E ci ho trovato un’ambulanza perché un tizio si era spaccato un ginocchio.
Alla faccia del karma pesante.

Dunque, ribadisco, mangiare le stesse cose di prima, diminuendo le quantità, non fa  dimagrire.
Quello si chiama “mangiare normale”.
Le diete ipocaloriche che saziano non sono mai esistite.

A Settembre bisogna vestirsi a strati, credo di saperlo da quando andavo alle elementari.
Se ti metti il golf di cachemire al mattino, sotto devi averci una camicia perché poi fa caldo.
Spruzzarsi continuamente il deodorante in ufficio e attaccare l’aria condizionata a palla perché hai sbagliato a vestirti, non è un comportamento moralmente accettabile. 

Mio padre peggiora. Al momento nessun medico si è degnato di ipotizzare una diagnosi, limitandosi a rimbalzarci tra un esame e l’altro, suggerendo terapie, per confutarle subito dopo.
Ai momenti drammatici che potete immaginare, alterno per mera sopravvivenza giornate di fuga nella vita “normale”.
Fatta di tanto lavoro, lavatrici, palestra saltata per emergenze al lavoro, cene saltate e ripianificate con le amiche e aperitivi improvvisati, spesa al supermercato, lavandini che perdono e lavatrici che si rompono.
E sono felice.

Straordinariamente felice, come mai da quando ho una vita cosciente e consapevole, ovvero passati  i 30 anni.
Amo il lavoro lo stress i colleghi lunatici il frigo vuoto il frigo pieno l’armadio in disordine.
Amo la vita. Nel momento stesso in cui non mi è concesso viverla.


giovedì 20 settembre 2012

Agosto figli vostri non vi conosco

Nel corso delle prime due settimane di Agosto (e anche prima e anche dopo, se è per questo) la temperatura all’interno del mio mini appartamento ha sfiorato serenamente i 40 gradi. Il ventilatore e il pinguinodelonghi li ho portati a casa dei miei, per ovvi motivi di priorità sanitaria.

Ho già avuto modo di spiegare vagamente quello che ho passato nel corso degli ultimi due mesi.
Le mie giornate angoscianti finivano all’ora di cena, quando misericordiosamente quel Sant’uomo del mio fidanzato mi faceva trovare in tavola il mio unico pasto, che tentavo di inghiottire prima di svenire mediamente non più tardi delle 22:00.
A quel punto, andare a dormire a casa mia sarebbe stato impensabile.
Inoltre, per la prima (e forse unica) volta in vita mia, dormire da sola mi faceva paura e aumentava il mio panico.

Si da il caso che nelle prime due settimane di Agosto ci fossero anche i suoi figli.
Loro mi conoscono formalmente da 2 anni, il rapporto che mi lega al loro padre è inequivocabile, ma non abbiamo mai alcun tipo di contatto fisico/affettuoso in loro presenza.
E comunque, non avevo mai dormito in quella casa quando ci sono loro.

L’emergenza del momento e le sinapsi assolutamente inaffidabili mi hanno impedito di prendere in considerazione il fatto che forse i ragazzi avrebbero dovuto essere preparati (dal padre, non certo da me) sul fatto che io mi sarei fermata a dormire.

Ma sapete che c’è?
La vita è dura.
Ed io sono stanca di preoccuparmi per tutti quelli che non hanno con me alcun legame biologico.
Forse l’approccio non sarà stato da manuale e la mia psicologa - dall’attico in centro pagato con le parcelle che ho versato nell’arco di 10 anni – avrebbe avuto senz’altro qualcosa da ridire.

Non sembrano particolarmente turbati, e se lo sono, mi viene da pensare che è ora che se ne facciano una ragione.
Pure a me turbano i fine settimana rognosi, con le facce lunghe, i silenzi, le lacrime inutili, le astenìe sul divano.

Sappiate che i figli – lontani dalle loro madri – sono quasi sempre insopportabili.